Angelo Poliziano

 

TRIPUDIO DELLA POESIA


LA CULTURA UMANISTICO-RINASCIMENTALE
 1400-1550


ANGELO POLIZIANO 

NEL CIRCOLO MEDICEO FU AGNOLO AMBROGINI (1454-1494), DETTO IL POLIZIANO, A REALIZZARE UNA FONDAMENTALE SINTESI TRA LA CULTURA CLASSICA E LA TRADIZIONE VOLGARE FIORENTINA DI DANTE, PETRARCA E BOCCACCIO. CELEBRI SON RIMASTE LE SUE CANZONI A BALLO IN VOLGARE (FRA TUTTE I' MI TROVAI, FANCIULLE UN BEL MATTINO) CHE TRADUCONO IN UN LINGUAGGIO DI GRANDE MISURA UNA GIOIOSA CANTABILITÀ POPOLARESCA. LE STANZE PER LA GIOSTRA FURONO PUBBLICATE SOLO NEL 1494. LE PRIME STROFE SONO DEDICATE ALLA GLORIFICAZIONE DI FIRENZE E DI LORENZO (LAURO), NUOVO PROTETTORE DELLE ARTI E DELLA POESIA; SEGUE LA COMPARSA DI IULO (GIULIANO), LA CUI GIOVINEZZA RUDE E SELVATICA è TRASCORSA NEI PIACERI DELLA CACCIA E NEL DISPREZZO PER L'AMORE. MA UN GIORNO, DURANTE LA CACCIA, EGLI DIVIENE PREDA DI CUPIDO, S'INNAMORA E INIZIA COSÌ  LA SUA FORMAZIONE DI UOMO SENSIBILE AI VALORI DI AMORE E DELLA GLORIA. IL SECONDO LIBRO SI APRE CON LA CELEBRAZIONE DI LORENZO, POETA E INNAMORATO; A IULO VIENE ORDINATO IN SOGNO DI CONQUISTARE LA DONNA AMATA, DIMOSTRANDO IL PROPRIO VALORE NELLE ARMI. QUI SI INTERROMPE IL POEMA, LA CUI IMPORTANZA, AL DI LÀ DELLA TRAMA, ABBASTANZA FRAGILE, CONSISTE NELLA CREAZIONE DI UNA DIMENSIONE IN CUI SI RAPPORTANO IN PERFETTO EQUILIBRIOLA POTENZA ILLUMINATA DALLA CULTURA E LA BELLEZZA CHE SUSCITA L'AMORE. QUESTO MONDO IDEALE HA COMECONTESTO UNA NATURA SPLENDENTE, ANCORA INCONTAMINATA: UNA RAPPRESENTAZIONE TUTTA TERRENA, MA NON PER QUESTO MENO AFFASCINANTE, DEL MITO DEL PARADISO TERRESTRE, IN CUI L'ESSERE UMANO PUÒ SENTIRSI PERFETTAMENTE APPAGATO.(DeA)



ANGELO POLIZIANO
I' MI TROVAI, FANCIULLE, UN BEL MATTINO

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino
di mezzo maggio in un verde giardino.

Fanciulle, io mi trovai un bel mattino di metà maggio in un verde giardino.

Eran d’intorno violette e gigli
fra l’erba verde, e vaghi fior novelli
[5] azzurri, gialli, candidi e vermigli:
ond’io porsi la mano a côr di quelli
per adornar e mie’ biondi capelli
e cinger di grillanda el vago crino.

Intorno c'erano violette e gigli in mezzo all'erba verde, e bei fiori appena sbocciati, azzurri, gialli, bianchi e rossi: allora io allungai la mano per cogliere alcuni di essi, per decorare i miei capelli biondi e cingere con una ghirlanda la mia bella chioma.

I’mi trovai, fanciulle, un bel mattino.

Fanciulle, io mi trovai un bel mattino 

[10] Ma poi ch’i’ ebbi pien di fiori un lembo,
vidi le rose e non pur d’un colore:
io colsi allor per empier tutto el grembo,
perch’era sì soave il loro odore
che tutto mi sentì’ destar el core
[15] di dolce voglia e d’un piacer divino.

Ma dopo che mi fui riempita di fiori un lembo della veste, vidi le rose e non di un solo colore: allora io ne raccolsi alcune per riempirmi tutto il grembo, perché il loro profumo era così dolce che mi sentii destare tutto il cuore di un dolce desiderio e di un piacere divino.

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino.

Fanciulle, io mi trovai un bel mattino 

I’ posi mente: quelle rose allora
mai non vi potre’ dir quant’eran belle:
quale scoppiava della boccia ancora;
[20] qual’eron un po’ passe e qual’novelle.
Amor mi disse allor: - «Va’, cô’ di quelle
che più vedi fiorire in sullo spino» -.

Io feci attenzione: non potrei mai dirvi quanto erano belle quelle rose: alcune ancora stavano appena sbocciando, altre erano un po' appassite e altre erano ancora fiorite. Amore allora mi disse: «Va', cogli quelle che vedi più fiorite sullo stelo».

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino.

Fanciulle, io mi trovai un bel mattino 

Quando la rosa ogni suo’ foglia spande,
[25] quando è più bella, quando è più gradita,
allora è buona a mettere in grillande,
prima che sua bellezza sia fuggita:
sicché fanciulle, mentre è più fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino.

Quando la rosa distende ogni suo petalo, quando è più bella, quando è più piacevole, allora va bene per metterla nelle ghirlande, prima che la sua bellezza sia fuggita: allora, fanciulle, mentre è più fiorita, cogliamo la bella rosa nel giardino.

[30] I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino
di mezzo maggio in un verde giardino.


Fanciulle, io mi trovai un bel mattino di metà maggio in un verde giardino.



ANGELO POLIZIANO
IL RIFIUTO DELL'AMORE

13
- Scuoti, meschin, del petto il cieco errore,
ch'a te stesso te fura, ad altri porge:
non nudrir di lusinghe un van furore,
che di pigra lascivia e d'ozio sorge:
sì bel titol d'Amore ha dato il mondo
a una cieca peste a un mal giocondo.

SCUOTI MESCHINO DAL PETTO l'ERRORE [AMORE] CHE TI RENDE CIECO, CHE TI RUBA TE STESSO, E TI OFFRE AD ALTRI [ALLA DONNA]; NON NUTRIRE DI LUSINGHE UNA VANA FOLLIA CHE SORGE DAL PIGRO INTERESSE PER IL SESSO [LASCIVIA] E DALL'OZIO. Ciò CHE IL VOLGO SBAGLIAndo CHIAMA AMORE  è UNA DOLCE PAZZIA PER CHI GUARDA PIù ACUTAMENTE: IL MONDO HA DATO IL BEL TITOLO/NOME DI AMORE AD UNA PESTE CHE ACCIECA, AD UN DOLORE PIENO DI GIOIA/GIOIOSO (PER QUESTO MOTIVO PER POLIZIANO è PERICOLOSO).

14
Ah quanto è uom meschin, che cangia voglia
per donna o mai per lei s'allegra o dole!
E qual per lei di libertà si spoglia
o crede ai suoi sembianti e sue parole!
Ché sempre è più leggier ch' al vento foglia,
e mille volte il dì vuole e disvuole:
segue chi fugge, a chi la vuol s'asconde;
e vanne e vien, come alla riva l'onde.


[DICE CHE è LA DONNA MESCHINA IN Realtà, MISOGINIA, Volontà FEMMINILE OSCILLA, VA E VIENE, CAMBIA SEMPRE, Così COME LE ONDE DEL MARE]. ah QUANTO è MESCHINO (DI POCO VALORE) L'UOMO CHE CAMBIA IL SUO VOLERE PER UNA DONNA, CREDE ALLA SUA APPARENZA E ALLE SUE PAROLE! Perché UNA DONNA è SEMPRE PIù LEGGERA CHE UNA FOGLIA AL VENTO E MILLE VOLTE AL GORNO VUOLE E DISVUOLE: SEGUE CHI FUGGE, A CHI LA VUOLE SI NASCONDE, VA E VIENE COME LA RIVA DEL MARE.

15
Giovane donna sembra veramente
quasi sotto un bel mare acuto scoglio,
o ver tra' fiori un giovincel serpente
uscito pur mo fuor del vecchio scoglio.
Ah quanto è fra più miseri dolente
chi può soffrir di donna el fero orgoglio!
Ché quanto ha il volto più di beltà pieno,
più cela inganni nel fallace seno.

Una giovane donna sembra davvero. C'è una bellissima roccia marina affilata. C'è un giovane serpente tra i fiori. La vecchia roccia è ancora lì. È tra le persone in lutto più miserabili. Chi può soffrire del feroce orgoglio della donna? Ha un viso che è più attraente della bellezza. Nasconde gli inganni nel suo seno.

16
Con essi gli occhi giovenili invesca
amor, che ogni pensier maschio vi fura:
e quale un tratto ingoza la dolce esca
mai di sua propria libertà non cura:
ma, come se pur Lete Amor vi mesca,
tosto oblïate vostra alta natura;
né poi viril pensiero in voi germoglia,
sì del proprio valor costui vi spoglia.

con gli occhi giovanili (della donna) l'amore invischia (il cuore dell'innamorato), al punto che gli ruba ogni pensiero virile: improvvisamente ingoia l'esca non gli importa della propria libertà: ma, come se amore vi mescesse anche lete, subito dimenticate la vostra nobile natura (l'acqua del fiume lete, che scorreva negli inferi, aveva il potere  di far dimenticare il passato a chiunque la bevesse); un pensiero virile non nasce in voi , del proprio valor costui vi spoglia.

17
Quanto è più dolce, quanto è più sicuro
seguir le fere fuggitive in caccia
fra boschi antichi fuor di fossa o muro
e spîar, lor covil per lunga traccia!
Veder la valle e 'l colle e l'aer puro,
l'erbe e' fior, l'acqua viva chiara e ghiaccia!
Udir gli augei svernar, rimbombar l'onde,
 e dolce al vento mormorar le fronde!

quanto è più dolce, quanto è più sicuro seguir le bestie che fuggono durante la caccia fra i boschi antichi oltre i fossati e le mura della città  e spiare le loro tane, seguendo a lungo le loro orme! veder la valle e le colline e l'aria pura, l'erba e i fiori, l'acqua di fonte chiara e fredda! udir gli uccelli cantare per la fine del lungo inverno, rimbombar le onde, e dolce al vento sussurrar le foglie!

18
Quanto giova a mirar pende da un'erta 
le capre, e pascer questo e quel virgulto;
e 'l montanaro all'ombra più conserta
destar la sua zampogna e 'l verso inculto!
Veder la terra di pomi coperta,
ogni arbor da suo' frutti quasi occulto;
veder cozar monton, vacche mugghiare,
e le biade ondeggiar come fa il mare!

quanto piace a vedere pender da una salita le capre, e pascer questo e quel virgulto (ramoscello); e il montanaro all'ombra più fitta comincia a suonare la zampogna e il suono rozzo, semplice! veder la terra coperta di frutti, ogni albero dà i suoi frutti quasi di nascosto! veder i montoni  fare a cornate, vacche muggire, e il grano ondeggiar come fa il mare!

19
Or delle pecorelle il rozo mastro
si vede alla sua torma aprir la sbarra:
poi, quando move lor co 'l suo vincastro,
dolce è a notar come a ciascuna garra.
Or si vede il villan domar col rastro
le dure zolle, or maneggiar la marra;
or la contadinella scinta e scalza
star con l'oche a filar sotto una balza.

ora si vede il pastore rozzo delle pecorelle aprire il cancello al suo gregge: poi, quando va verso di loro con il suo bastone, dolcemente si nota come grida a ciascuna. ora si vede il villano rendere morbide col rastrello le zolle dure, o maneggiare la zappa; o la contadinella discinta e scalza star con le oche a filare sotto una rupe. 

20
In cotal guisa già l'antiche genti
si crede esser godute al secol d'oro:
né fatte ancor le madri eron dolenti
de' morti figli al marzïal lavoro;
né si credeva ancor la vita a' venti;
né del giogo doleasi ancora il toro:
lor case eron fronzute querce e grande,
ch'avean nel tronco mèl, né rami ghiande.

si pensa che in questo modo abbiano goduto i popoli antichi ai tempi dell'età dell'oro: nè ancora le madri erano afflitte per i figli morti in guerra (marzïal lavoro); nè si affidava la vita ai venti; e ancora il toro non era sottoposto al giogo: le loro case erano grandi fronzute querce che avevano nel tronco il miele, nè rami ghiande. 

21
Non era ancor la scelerata sete
del crudel oro entrata nel bel mondo:
viveansi in libertà le genti liete;
e non solcato il campo era fecondo.
Fortuna  invidïosa a lor quïte
ruppe ogni legge, e pietà misse in fondo:
lussuria entrò ne' petti e quel furore
che la meschina gente chiama amore -.

ancora non era entrata nel bel mondo la scellerata sete del crudel oro: l'allegra gente viveva in libertà; e il campo non coltivato era fecondo. la sorte, invidiosa della loro pace, abbattè quei costumi e sommerse la pietà: lussuria entrò nei petti e quel furore che la meschina gente chiama amore


ANGELO POLIZIANO
CANDIDA È ELLA

[43] Candida è ella, e candida la vesta, 
ma pur di rose e fior dipinta e d’erba; 
lo inanellato crin dall’aurea testa 
scende in la fronte umilmente superba. 
Rideli a torno tutta la foresta, 
e quanto può suo cure disacerba; 
nell’atto regalmente è mansueta, 
e pur col ciglio le tempeste acqueta.


Lei è candida (Candida…e candida - ANAFORA) e candida è la sua veste, anche se è dipinta di rose e (e… e - POLISINDETO) di fiori e d'erba; i capelli ricci (inanellato crin - latinismo) della testa bionda (aurea testa - latinismo) scendono sulla sua fronte, umile eppure superba (umilmente superba - OSSIMORO). Intorno le sorride  tutta la foresta e, per quanto possibile, allevia (disacerba) le sue preoccupazioni (cure - latinismo); i suoi gesti (nell’atto) sono regalmente tranquilli (mansueta) e con il solo sguardo (e pur col ciglio – retorica?) acquieta le tempeste ( IPERBOLE).
 
[44] Folgoron gli occhi d’un dolce sereno,
 ove sue face tien Cupido ascose; 
l’aer d’intorno si fa tutto ameno, 
ovunque gira le luce amorose. 
Di celeste letizia il volto ha pieno,
 dolce dipinto di ligustri e rose; 
ogni aura tace al suo parlar divino, 
e canta ogni augelletto in suo latino. 

Gli occhi scintillano (Folgoron) azzurri come un cielo sereno (d’un dolce sereno), dove Cupido tiene nascoste (ascose) le sue fiaccole (face); l'aria (aer - latinismo) intorno diventa ridente (si fa tutto ameno), ovunque lei giri gli occhi (gira le luce – METONIMIA) fa innamorare (amorose). Ha il volto pieno di celeste allegria (letizia), dolcemente dipinto del colore dei ligustri (ligustri – piccoli fiori bianchi) e di rose; ogni brezza (aura - latinismo) tace al suo parlare divino e ogni uccellino (augelletto - latinismo) canta con il proprio verso (in suo latino – nel suo linguaggio).

[45] Con lei sen va Onestate umile e piana
 che d’ogni chiuso cor volge la chiave; 
con lei va Gentilezza in vista umana, 
e da lei impara il dolce andar soave.
 Non può mirarli il viso alma villana,
se pria di suo fallir doglia non have;
 tanti cori Amor piglia fere o ancide,
 quant’ella o dolce parla o dolce ride.

Accanto a lei sta (Con lei sen va) l'Onestà, umile e semplice (piana), che sa parlare (volge la chiave) anche al cuore più chiuso (d’ogni chiuso cor); con lei sta la Gentilezza  umana a vedersi (in vista umana), e apprende da lei la dolce andatura soave. Una persona non nobile [d’animo] (alma villana - latinismo) non può guardarla in viso, se prima (se pria – latinismo da prius) non si è pentito (doglia non have, doglia - latinismo) delle sue colpe (di suo fallir); ogni volta che ella (quant’ella) parla o ride dolcemente, Amore cattura (piglia), ferisce (fere) e uccide (ancide) tanti cuori ( PERIFRASI per dire che fa innamorare).

[46] Sembra Talia se in man prende la cetra, 
sembra Minerva se in man prende l’asta; 
se l’arco ha in mano, al fianco la faretra,
 giurar potrai che sia Diana casta.
 Ira dal volto suo trista s’arretra, 
e poco, avanti a lei, Superbia basta; 
ogni dolce virtù l’è in compagnia, 
Biltà la mostra a dito e Leggiadria. 

Sembra  la musa Talìa se prende in mano la cetra, sembra Minerva se impugna la lancia: se ha in mano l'arco e al fianco la faretra, potresti giurare che sia la casta Diana.
L’Ira si allontana (s’arretra) sconfitta (trista) dal suo volto, e davanti a lei la Superbia resiste (basta) poco; ogni dolce virtù la accompagna (l’è in compagnia), la Bellezza  e la Leggiadria  la indicano [come loro incarnazione] (la mostra a dito).

[47] Ell’era assisa sovra la verdura,
 allegra, e ghirlandetta avea contesta 
di quanti fior creassi mai natura,
 de’ quai tutta dipinta era sua vesta. 
E come prima al gioven puose cura, 
alquanto paurosa alzò la testa; 
poi colla bianca man ripreso il lembo, 
levossi in piè con di fior pieno un grembo.

Ella era seduta sopra l'erba, allegra, e aveva intrecciato una piccola ghirlanda con tutti i fiori creati dalla natura (di quanti fior creassi mai natura), dei quali tutta la sua veste era dipinta. E non appena si accorse del giovane, alzò la testa un po' impaurita; poi, preso il lembo della veste con la mano bianca, si alzò  in piedi col grembo pieno di fiori.

[48] Già s'inviava, per quindi partire,
la ninfa sopra l'erba, lenta lenta,
lasciando il giovinetto in gran martire,
che fuor di lei null'altro omai talenta.
Ma non possendo el miser ciò soffrire,
con qualche priego d'arrestarla tenta;
per che, tutto tremando e tutto ardendo,
così umilmente incominciò dicendo:

GIà STAVA PER ALLONTANARSI DA Lì,  LA NINFA SULL'ERBA, LENTAMENTE, LASCIANDO IL GIOVANE IN GRAN TORMENTO, il quale (che) FUOR DI LEI NULL'ALTRO ORMAI DESIDERA. MA non potendo IL POVER UOMO soffrire Ciò, CERCA DI fermarla pregandola; perchè tutto tremante e ardente, così umilmente incominciò dicendo:

[49] «O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
o ninfa o dea, ma dea m'assembri certo;
se dea, forse se' tu la mia Diana;
se pur mortal, chi tu sia fammi aperto,
ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
né so già io qual sia tanto mio merto,
qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
ch'io degno sia veder cosa sì bella».

oh Qualunque cosa tu sia, vergine sovrana, o ninfa o dea, ma  certamente mi sembri dea,; se dea, forse sei tu la mia Diana; se pur mortale, dimmi, fammi sapere chi sei, poiché non hai un aspetto umano (ma sembri una dea); non so cosa abbia fatto per meritarmi questo, quale grazia del cielo, quale stella amica mi abbia reso degno di vedere una cosa così bella.




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